Leggende sui gatti : i gatti nell’antico Egitto

di Milù

Salve a-mici !!!! Dopo aver raccontato di tante leggende legate a noi gatti, è arrivato il momento di scrivere dei gatti nell’antico Egitto.

I nostri antenati egiziani sono due specie di gatti : il gatto della giungla (Felis chaus) e il gatto selvatico africano (Felis silvestris lybica). Ed è proprio da quest’ultimo che è iniziato il processo di addomesticamento, processo molto lungo, compreso fra il Periodo predinastico (3900 ac) e il Medio Regno (1790 ac). Perchè gli egiziani hanno sentito la necessità di addomesticare i gatti selvatici ? Perchè questa specie di gatti si nutriva di topi ed altri parassiti che infestavano i depositi di grano degli imperatori, oltre a cacciare ed eliminare nei centri urbani roditori, serpenti velenosi ed altri animali dannosi.

A sostegno della venerazione che gli antichi egizi nutrivano per i gatti, non vi sono solo i moltissimi monumenti, iscrizioni e raffigurazioni dell’arte egizia, ma anche le numerose mummie di gatto ritrovate. Tutto dimostra la venerazione ed il rispetto per i gatti, sia nella loro forma naturale che in quella in cui si dava ad un gatto un corpo umano, come appunto veniva raffigurata la Dea Bastet o Best, venerata sin dal 3000 ac e che era considerata la Dea della fertilità. Non a caso in molte rappresentazioni artistiche è possibile ritrovare piccoli gatti posti sotto le sedie su cui si trovano sedute delle donne, proprio in riferimento alla fertilità femminile.

Ma il culto del gatto in Egitto, raggiunse il suo massimo nel 950 a.C., quando venne decretata la pena di morte per chiunque causasse anche accidentalmente la morte di un gatto ( e come ho già avuto modo di scrivere in passato, io sarei propensa a ripristinare tale legge, non solo per chi uccide i gatti, ma per chiunque causi la morte di un qualunque animale !)

In Egitto i gatti venivano chiamati Mau o Mieou, parole che ricordano entrambe il nostro miagolio, ma che indicano la luce, dato che i gatti erano anche simbolo della luce sacra, data la caratteristica dei nostri occhi di risplendere nel buio.

Ogni famiglia possedeva un gatto a cui venivano consacrati anche i figli, che per tutta la vita portavano un medaglione con l’immagine di un gatto. E quando il felino moriva, la sua dipartita era motivo di grande angoscia e cordoglio per gli umani, che si rasavano le sopracciglia in segno di lutto. Il gatto veniva imbalsamato e poi portato nella città di Bubaste, consacrata ai gatti e meta di pellegrinaggi durante le feste celebrate in onore di questi ultimi.

Scavi eseguiti il secolo scorso non solo a Bubaste ma anche a Teben Beni-Hassn, hanno portato alla luce necropoli di gatti con centinaia di migliaia di piccole mummie : alcune di queste erano avvolte in bende colorate su cui erano stati disegnati il muso con naso, occhi e baffi.

La nostra fama di abili cacciatori di topi, in poco tempo, si era diffusa ovunque : nonostante i nostri amici egizi avessero definito pene severissime per chi anche solo provava a trafugare un gatto dall’Egitto, come sempre capita quando ci sono di mezzo gli esseri umani, si creò un vero e proprio traffico clandestino di gatti. E anche se immagino a quali torture e nefandezze vennero sottoposti i nostri avi, il lato positivo fu che così i gatti arrivarono in ogni parte del mondo a quel tempo conosciuto.

E anche per oggi il mio articolo finisce qui.

Alla prossima da Milù !